Ormai ci siamo: se non ci saranno imprevisti rinvii, tra una decina di giorni entrerà definitivamente in vigore l’obbligo della fatturazione elettronica tra privati. Vero o presunto,è un problema per molti e non è un caso che proprio in queste ore l’Associazione nazionale dei commercialisti (ANC) abbia deciso di ricorrere contro l’Agenzia delle Entrate chiedendo il differimento dell’entrata in vigore della normativa sulla fatturazione elettronica per i noti problemi di privacy. E non è un caso che sempre in queste ore una delle query principali su google sia fatturazione elettronica 2019 proroga. La speranza, insomma, è sempre l’ultima a morire.

Ma c’è davvero da preoccuparsi tanto? La fatturazione elettronica tra privati – detta anche (erroneamente) fatturazione elettronica B2B o (coloritamente) e-fattura – non è una novità in assoluto, almeno in principio. Le aziende e i professionisti che operano con le Pubbliche Amministrazioni emettono e ricevono e-fatture già da tempo, quindi esiste già una base di esperienze che dovrebbe facilitare l’estensione delle fatture digitali anche ai privati. Ma è innegabile che c’è anche molta confusione in merito e che pochi hanno esattamente chiaro sia cosa succederà sia come fare a gestire le proprie fatture. Per chiarire un po’ le cose, ecco un nostro decalogo.

1. Il principio della fatturazione elettronica

Il concetto di fondo della fatturazione elettronica è che dal primo gennaio 2019 qualsiasi fattura emessa tra due parti italiane dovrà essere esclusivamente digitale. Per la precisione, citando l’Agenzia delle Entrate: “tutte le fatture emesse, a seguito di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti in Italia, potranno essere solo fatture elettroniche“.

Questo vale sia tra due soggetti (professionisti e aziende) che abbiano una partita IVA, sia tra un soggetto IVA e un consumatore. Quindi anche per una amplissima gamma di acquisti e prestazioni business-to-consumer e non solo B2B.

2. Chi è esonerato dal nuovo obbligo

A parte classi particolari come i piccoli produttori agricoli o le associazioni sportive, le categorie rilevanti che non sono obbligate alla fatturazione elettronica sono essenzialmente due: gli operatori che rientrano nel cosiddetto “regime di vantaggio” previsto dalla legge 111/11 e quelli del cosiddetto “regime forfettario” della legge 190/14.

Ovviamente dal primo gennaio cambia poco per chi la fatturazione elettronica l’aveva già recepita negli scorsi anni. E non cambia nulla per chi ha rapporti solo con l’estero, dato che la legge parla chiaramente di “soggetti residenti o stabiliti in Italia”.

3. Cos’è la fattura elettronica, in pratica

È un documento digitale che viene creato in un formato specifico, derivante dal Tracciato FatturaPA in XML che viene già usato per le e-fatture verso la Pubblica Amministrazione. In sostanza è un file XMLche contiene tutti i dati che normalmente troveremmo in una fattura convenzionale: estremi identificativi del fornitore e del cliente, numero e data della fattura, descrizione del bene ceduto o del servizio prestato, imponibile, aliquota, IVA.

La vera informazione “innovativa” è il cosiddetto Codice Destinatario, ossia un codice identificativo alfanumerico di sette cifre/caratteri che viene assegnato a ogni singolo operatore che riceve fatture (nel caso di un consumatore senza partita IVA è il valore di default 0000000). La legge prevede anche l‘utilizzo, in alternativa, di un indirizzo di posta elettronica certificata PEC. Si suppone che questo sarà usato solo da chi ha un traffico di fatture limitato.

4. Cos’è lo SDI e a cosa serve

Lo SDI è il Sistema Di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate. Opera in pratica come nodo centrale di comunicazione per tutto il traffico dati della fatturazione elettronica: chi emette una e-fattura infatti non la invia alla sua controparte ma allo SDI, che la controlla per verificarne la correttezza e solo dopo la instrada al suo destinatario finale.

5. Quali controlli esegue lo SDI

Lo SDI esegue cinque controlli fondamentali su una fattura ricevuta: la presenza delle informazioni minime che danno validità alla fattura, l’esistenza delle partite IVA citate, la presenza di un Codice Destinatario o di una PEC di destinazione, la correttezza del calcolo dell’IVA in base a imponibile e aliquota, il fatto che la fattura non sia un duplicato di una già emessa.

Se rileva qualche errore, lo SDI blocca la fattura e invia una ricevuta di scarto a chi l’ha composta. Se tutto è corretto, instrada la fattura al destinatario e invia al soggetto che ha trasmesso il file una ricevuta di consegna con tanto di data e ora esatta in cui è avvenuta la consegna. Se non riesce a consegnare la fattura per qualche problema lato destinatario, lo SDI invia al soggetto che ha trasmesso il file una ricevuta di impossibilità di consegna. Va notato che in questo caso la fattura si considera emessa per il fornitore ma non ricevuta ai fini fiscali (ad esempio per la detrazione IVA) dal cliente.

6. Quali canali di trasmissione prevede lo SDI

L’Agenzia delle Entrate prevede diverse opzioni. Nel portale Fatture e Corrispettivi dell’Agenzia c’è una funzione per caricare direttamente il file XML di una fattura, che deve essere stato prima composto da un software apposito. Sempre l’Agenzia delle Entrate offre una procedura web e una app mobile (Fatturae) per compilare le fatture passo passo.

Chi vuole inviare più di una fattura alla volta può usare la posta elettronica certificata (c’è un indirizzo apposito sdi01@pec.fatturapa.it) o una connessione diretta con i sistemi SDI (via FTP o API). Considerato che la dimensione massima di una e-fattura è di 5 megabyte, mediamente i limiti imposti a questi due canali corrispondono rispettivamente a un massimo di sei e trenta fatture alla volta.

7. Come si gestisce materialmente la fatturazione elettronica

Qui con tutta probabilità sta la confusione che spaventa e preoccupa gli interessati: al di là dei principi buoni e meno buoni della fatturazione elettronica, adesso a chi mi rivolgo? In linea teorica, si potrebbe anche fare tutto da soli. Come accennato prima, l’Agenzia delle Entrate ha infatti predisposto un portale web, un software client e una app mobile da usare per gestire le fatture digitali.

È davvero una possibilità puramente teorica. L’Agenzia stessa ammette che queste soluzioni vanno bene “soprattutto agli operatori che emettono un numero contenuto di fatture” ma il punto non è il numero delle fatture: è che la fatturazione elettronica non vive da sola. Come minimo il ciclo delle fatture va sempre “integrato” con il proprio commercialista, che non può mettersi a gestire il portale dell’Agenzia per tutti i suoi singoli clienti. Le aziende più grandi, poi, devono integrare le e-fatture con i propri applicativi gestionali.

Ecco quindi scendere in campo i cosiddetti intermediari, ossia provider terzi che offrono servizi di gestione del ciclo di vita delle fatture elettroniche e anche servizi accessori come la conservazione a norma e la eventuale integrazione con gestionali ed ERP. Si tratta principalmente di software house, service provider e banche, realtà che in qualche modo già sono in contatto con chi emette/riceve fatture, perché gli hanno venduto il gestionale o gli gestiscono il conto bancario.

Così l’azienda – o il singolo professionista, cambia poco – deve decidere quali operatori consultare, capire quanto costano (di solito c’è un canone mensile e un costo per fattura emessa/ricevuta oltre una certa soglia), fare la sua scelta, attivare i servizi e verificarne la compatibilità con i suoi gestionali. I professionisti e le piccolissime imprese hanno un problema in più: capire quanto il servizio che hanno scelto è “compatibile” con il proprio commercialista (che ha fatto nel frattempo le sue scelte tecnologiche) e quanto costerà la loro convivenza.

8. Perché lo SDI è considerato a rischio privacy

La segnalazione è venuta dal Garante Privacy ed è legata a una poca chiarezza della normativa attuale in merito alle informazioni che lo SDI può immagazzinare. L’Agenzia delle Entrate infatti archivia tutta la fattura e non solo i dati obbligatori a fini fiscali, quindi gestisce una quantità di informazioni considerata eccessiva rispetto al suo ruolo effettivo.

Lo stesso problema riguarda peraltro anche gli intermediari scelti dai contribuenti per gestire la loro fatturazione elettronica. Potenzialmente immagazzineranno moltissimi dati sulle imprese e sui professionisti, dati che a priori non sapiamo se saranno protetti adeguatamente e usati solo in maniera appropriata.

9. Perché si fa la fatturazione elettronica, alla fine

Viste tutte le complessità, chi ce la fa fare di passare alla fatturazione elettronica? I motivi sono diversi e possono risultare validi o meno a seconda del proprio punto di vista. Un vantaggio molto propagandato è economico: gestire le e-fatture costa meno che gestire manualmente i documenti cartacei o file PDF. Qui i fautori della fatturazione elettronica non sono stati molto convincenti: è vero che gestire un file XML è semplice, ma il passaggio alla nuova modalità di gestione delle fatture richiede tali cambiamenti nel proprio modo di lavorare che all’inizio questo vantaggio appare irrilevante.

I veri vantaggi stanno nella gestione complessiva dei processi contabili. Una volta fatta la mano con il meccanismo delle e-fatture e dello SDI, molta della gestione manuale scompare e soprattutto scompaiono i fraintendimenti: una fattura elettronica arriva in tempi certi (c’è una ricevuta che lo dimostra) ed è corretta formalmente (altrimenti lo SDI non la instrada). Chi integra la gestione delle e-fatture con i suoi software gestionali, poi, elimina tutta la parte di “inserimento” delle fatture attive e passive nella sua piattaforma. Anche la conservazione a norma è più semplice, poiché la fattura “vive” solo in formato digitale.

10. Che agevolazioni fiscali ci sono

Per una misura che cambia decisamente la vita delle aziende, dei professionisti e di chi collabora con loro, la normativa non prevede granché “ciliegine sulla torta” che aiutino a non considerare la fatturazione elettronica prima di tutto un obbligo.

Almeno al momento, la legge prevede solo due agevolazioni fiscali. Chi opera in regime di contabilità semplificata, emette solo fatture e si avvale dei dati che l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione, non ha più l’obbligo di tenere i registri IVA. Chi in generale emette e riceve solo fatture, gestendo tutti i pagamenti oltre 500 euro in modalità tracciata, vede ridotti di due anni i termini di accertamento fiscale.

 

Fonte ImpresaCity